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venerdì 9 dicembre 2011

DECRETO BRUNETTA / LEGGE 104/ RIFORME

Su proposta dei ministri Renato Brunetta e Maurizio Sacconi, ieri mattina (9 giugno 2011) il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi dei dipendenti sia pubblici che privati, così come richiesto al Governo dal ‘collegato lavoro’ (Legge n. 183 del 4 novembre 2010). Le modifiche  introdotte ridefiniscono i criteri e le modalità per la loro fruizione e consentono di eliminare alcuni dubbi interpretativi sulle disposizioni vigenti fino ad oggi. Si tratta di un provvedimento che da un lato favorisce i lavoratori che ne fanno richiesta, dall’altro stabilisce importanti misure restrittive al fine di evitare abusi o illeciti.


  • L’articolo 2 del decreto legislativo stabilisce che la lavoratrice possa richiedere il rientro anticipato al lavoro in caso di aborto o morte prematura del bambino.
  • L’articolo 3 definisce il prolungamento del congedo parentale per i genitori di bambini disabili, sciogliendo inoltre alcuni dubbi interpretativi: per ogni minore con handicap in situazioni di gravità, uno dei due genitori ha il diritto al prolungamento del congedo parentale entro l’ottavo anno di vita del bambino; i genitori di bambini disabili possono fruire alternativamente del congedo (6 mesi la madre, 7 mesi il padre, 11 mesi se insieme), in modo continuativo o frazionato per un periodo massimo di complessivi tre anni; viene previsto un prolungamento del congedo anche nel caso in cui uno dei due genitori debba assistere il minore ricoverato a tempo pieno in istituti specializzati.
  • L’articolo 4 regolamenta invece il congedo per l’assistenza a un portatore di handicap grave. Il diritto a fruire dei permessi ex lege 104/1992 spetta a entrambi i genitori, anche adottivi, del bambino con handicap in situazione di gravità, che possono fruirne alternativamente, anche in maniera continuativa nell’ambito del mese. Nell’arco della vita lavorativa il congedo non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha inoltre diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, contribuzione figurativa compresa. Tale periodo non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. Recependo le indicazioni della Corte costituzionale, viene inoltre stabilito un ordine di priorità tra i soggetti legittimati alla fruizione del congedo (coniuge, padre o madre, anche adottivi, figlio convivente, fratelli e sorelle) e le cause di impedimento che consentono loro di avanzare al livello ulteriore (mancanza, decesso o patologie invalidanti). La ratio di questa innovazione è quella di radicare la legittimazione alla fruizione del congedo in capo a quei soggetti che per vincolo legale e per grado di parentela si presume siano più vicini anche affettivamente alla persona disabile. Tale norma si colloca in un’ottica di contenimento degli abusi e della spesa, poiché, stabilendo un preciso ordine di priorità tra i legittimati  - derogabile solo in presenza di certe circostanze - vuole evitare che il congedo sia fruito da soggetti che non provvedono realmente all’assistenza della persona disabile. Al fine di garantire un’assistenza reale, si prevede che il congedo possa essere fruito anche se la persona disabile è ricoverata a tempo pieno e qualora i sanitari della struttura ne attestino l’esigenza.
  • L’articolo 5 disciplina invece il congedo straordinario per motivi di studio del pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca. É facoltà discrezionale dell’amministrazione concedere tale congedo anche ai dipendenti “contrattualizzati”. La sua fruizione viene comunque esclusa per i dipendenti che abbiano già ottenuto il titolo di dottore di ricerca e per quelli che abbiano fruito del congedo con l’iscrizione ai corsi di dottorato per almeno un anno accademico. Il dipendente che interrompe il rapporto di lavoro, nei due anni successivi al periodo di aspettativa, è tenuto a restituire gli emolumenti percepiti durante il congedo.
  • L’articolo 6 disciplina l’assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave. Il dipendente può infatti assistere anche più persone disabili ma solo se queste sono parenti entro il primo o secondo grado, nel caso in cui i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Inoltre, chi assiste un disabile che vive a oltre 150 chilometri dal luogo di residenza deve fornire prova dei viaggi effettivamente sostenuti.
  • L’articolo 7 tratta invece il congedo per cure agli invalidi. Chiarisce che i lavoratori mutilati e gli invalidi civili (con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%) possano fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni. A differenza del regime attuale, che prevede solo il diritto a fruire di un congedo, viene previsto espressamente che questo sia anche retribuito. Il lavoratore è comunque tenuto a documentare in maniera idonea l’avvenuta sottoposizione alle cure.  
  • L’articolo 8 disciplina la materia dei riposi in caso di adozione e affidamento, che va comunque applicata entro il primo anno dall’ingresso del minore nella famiglia, anziché entro il primo anno di vita del bambino. Nel caso dei dipendenti pubblici assegnati temporaneamente ad altra sede, la norma si applica entro i primi tre anni dall’ingresso del minore nella famiglia, indipendentemente dalla sua età.

FONTE:  MINISTERO PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E L'INNOVAZIONE







argomento
Come era prima
come è adesso
Chi ne beneficia
I tre giorni di permesso possono essere riconosciuti al malato, oppure a un qualunque  parente entro il terzo grado (legge 104/92).
I tre giorni di permesso si riconoscono anche ai parenti entro il terzo grado solo nel caso in cui i genitori o il coniuge della persona malata abbia più di 65 anni, oppure sia anch’egli affetto da handicap, oppure siano  deceduti.
Quanti
Vuoto interpretativo. La norma non specifica se più di un parente può godere dei privilegi concessi per assistere un malato. Alcune amministrazioni riconoscono i privilegi a più di un parente, altre no (legge 104/92).
I tre giorni di permesso non possono essere riconosciuti a più di una persona per assistere uno stesso familiare, a meno che non si tratti di due genitori per l'assistenza del figlio, che possono usufruirne alternativamente.
Scelta della sede di lavoro
Il genitore può scegliere di essere trasferito presso una sede di lavoro più vicina al proprio domicilio (legge 104/92).
Qualunque soggetto che gode dei benefici della norma può scegliere di essere trasferito presso la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere.
Revoca in caso di mancati requisiti
NON PRESENTE.
I benefici della legge 104 possono essere revocati in caso di mancanza dei "requisiti" accertata dal datore di lavoro o dall'INPS.
Assistenza ad un figlio maggiorenne
I genitori possono usufruire dei permessi per assistere un figlio maggiorenne solo se convivente o in condizioni di assistenza “continuativa ed esclusiva”. (legge 151/01)
Questo limite viene cancellato.
Assistenza di parenti non conviventi
La legge 104 concedeva i benefici per l’assistenza solo ai genitori o parenti conviventi; la legge 53/2000 li concedeva anche ai parenti e affini non conviventi.
Questa ambiguità viene cancellata. E per quanto riguarda i tre giorni di permesso mensili non si fa più alcun riferimento alla convivenza.

Inoltre:
  • Entro il 31 marzo di ogni anno le amministrazioni pubbliche dovranno comunicare al Dipartimento della Funzione Pubblica i nominativi dei lavoratori che godono dei diritti della legge 104, specificando per "chi" essi godono dei permessi, il grado di parentela (lavoratore, figlio, genitore etc), e il comune di residenza.
  • Le amministrazioni pubbliche devono, inoltre, comunicare il numero complessivo di giorni e di ore fruiti da ciascun lavoratore nel corso dell'anno precedente e per ciascun mese.
  •  Il Dipartimento della Funzione pubblica provvederà a realizzare una banca dati (nel pieno rispetto delle norme sulla privacy) in cui confluiranno tutte queste informazioni custodite per massimo 24 mesi. Tutte le informazioni saranno soggette al trattamento informatico, per rilevare irregolarità e potranno essere comunicate e pubblicate in forma aggregata, cioè senza citare i singoli.


dal sito : FORUM PA 2011

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